“Allora Carlo, di cosa avete parlato?”, chiese la madre, curiosa e un po’ gelosa di quella loro complicità. “Niente Angela, nulla di importante, ora sono stanco e vado a dormire. Vieni anche tu?”. “Certo, certo, cambia discorso, tanto lo so che Emma si confida solo con te. A me chiede solo i soldi”.
Il marito la prese sottobraccio e la guardò con quei suoi dolci occhi cerulei che nessuna delle figlie aveva ereditato, e le disse:”Angelina, Angelina, se nostra figlia non parla con te, forse un motivo ci sarà, non credi? Tu sei troppo aggressiva con lei, la giudichi continuamente e non accetti che abbia idee diverse dalle tue. Ti soffermi sulle sciochezze e non ti accorgi del bello che c’è in lei, mentre io, lo vedo e lo apprezzo. La amiamo entrambi ma in modo diverso, riflettici e non essere arrabbiata. Emma ti vuole bene, semplicemente si apre più liberamente con me”.
La moglie lo guardò seria e fece un cenno di assenso. Questa volta suo marito che solitamente era con lei accondiscendente, aveva detto la sua. Lo aveva fatto con garbo e sensibilità, proprio quelle caratteristiche che mancavano a lei e che forse, per questo, inconsciamente amava.
Emma rimproverava spesso alla madre di non meritare un marito così e che diversamente non l’avrebbe sposata nessuno, acida com’era. Queste affermazioni la facevano andare su tutte le furie, ma era consapevole che in fondo era la verità.
Il suo Carlo era proprio un bell’uomo, alto, ancora snello, nonostante i suoi quasi sessant’anni, amava l’arte in ogni sua forma, il teatro e la poesia. Anche Angela, di qualche anno più giovane, era ancora bellissima. Non si curava particolarmente, niente trucco, abiti sobri, unico vezzo era l’acconciatura: sempre la stessa da anni, un raccolto che si faceva da sola, senza specchio con grande maestria e precisione. Il risultato era sempre impeccabile. Era una donna pratica, concentrata sul menage familiare, non si concedeva nulla più del necessario e non aveva né interessi né aspirazioni. Emma non aveva preso quasi nulla da lei, se non, forse, quel senso pratico che le sarebbe servito negli anni.
L’inverno era ormai arrivato e il mese di dicembre, in previsione del Natale, era tra i più impegnativi. Al negozio cominciarono ad arrivare le ordinazioni degli abiti da sera per l’ultimo dell’anno. Emma era la sarta più richiesta dell’atelier, la sua creatività dava alle signore la certezza che il loro abito sarebbe stato veramente unico e originale.
“A che punto sei Emma con il lavoro della signora Paoli? Verrà per l’ultima prova oggi pomeriggio alle tre, per te va bene?”. La première era stranamente molto gentile con Emma, solo perchè non voleva stressarla ulteriormente, ciò avrebbe causato possibili ritardi nelle consegne e questo non doveva assolutamente accadere. Lei aveva una reputazione da difendere e quando la data era fissata, non c’erano santi, andava rispettata a ogni costo. Del resto, la sua clientela era tra le più contese ed esigenti.
“Sì, sì, va bene per me, ho quasi terminato, ma stasera non posso fermarmi oltre le diciassette. Ho un impegno”. Ma come, con tutto quello che c’è da fare, non puoi rimandare?”. Emma finse di pensarci un attimo e poi rispose: “Facciamo così, mi fermerò tutta la settimana sino alle diciannove, ma solo dietro un compenso extra e consistente. Questa è la mia offerta e non è negoziabile, diversamente terminerò il lavoro alle diciassette come da “non contratto”, visto che non sono neanche in regola”.
Emma, questa volta, era decisa a spuntarla su quella tirchia della Rosa e quello era il momento propizio:”Ora o mai più, si disse”. Aveva assolutamente bisogno di soldi per la sua Singer.
La signora Rosa rimase letteralmente spiazzata, sapeva di non avere scelta. L’aveva “fregata”, quella ragazzina, non era poi così ingenua, pensò. “E va bene, affare fatto”, rispose seria. “Ma poi ne riparleremo”, aggiunse.
Emma era soddisfatta, soprattutto perché l’aveva spuntata e aveva fatto valere i suoi diritti di lavoratrice.
Emma vi aspetta al prossimo capitolo!