Quando è destino è destino

 

cuore bici

 

Terminata la giornata lavorativa, Emma decise di non rincasare subito, non aveva voglia di subire la madre burbera e la pasta scotta.

Si addentrò nell’elegante via Della Spiga, curiosa di vedere le vetrine dei concorrenti. Camminava e osservava con occhio esperto e critico ogni singolo modello, fissava ogni dettaglio, tagli, tessuti e finanche l’ultima delle impunture.

Era talmente assorta dalle sue considerazioni che non si accorse della bicicletta che stava arrivando e così… eccola di nuovo a terra!

“Oh! No! Caspiterina! Mi scusi signorina, non l’ho proprio vista”.

Emma alzò lo sguardo e…

“Ancora lei?”.

“Lei!”.

“Non è possibile, due volte nello stesso giorno sono davvero troppe”.

L’uomo accennò un sorriso, l’aiutò ad alzarsi e controllò che non si fosse fatta male. Quegli occhi verdi, di giada, erano così buoni ed espressivi che Emma ne rimase abbagliata e, per la prima volta in vita sua, le mancarono le parole.

Fu lui il primo a parlare: “Mi spiace la colpa qui è mia, non ho acceso le luci della bicicletta, e lei non poteva vedermi. Sta bene signorina? Posso offrirle un caffè o qualcosa da bere, per farmi perdonare?”.

Emma era ancora lì, trasognante e ammutolita. Incredula per la sua stessa reazione da “ebete”, così l’avrebbe definita lei.

“Signorina va tutto bene? La vedo confusa, vuole che l’accompagni da qualche parte? Vuole sedersi un momento? Signorina dica qualcosa, la prego, così mi fa preoccupare!”

Ma niente, nessuna reazione. Emma non proferiva parola, lo guardava e basta, folgorata da quegli occhi limpidi e buoni, sì, quell’uomo sapeva di buono.

Lui appoggiò la bicicletta al muro, prese lei sottobraccio e la condusse con attenzione, all’interno del bar dietro l’angolo. La fece accomodare al tavolino e ordinò due analcolici.

Emma, bevve il suo tutto d’un fiato, senza nemmeno sentirne il sapore, poi, finalmente parlò:  “Piacere, molto lieta, sono Emma, Emma Donati, e allungò la mano affusolata e morbida stando in attesa di un contatto che fu rapido e forte.

“Andrea Conti, il piacere è mio: mi avete movimentato la giornata, quindi non sentitevi in colpa.  Il mio abito è di nuovo in perfetto ordine e ora siamo qui, come due conoscenti, rilassati che bevono qualcosa insieme”.

Emma si sentì improvvisamente tranquilla e il suo disagio svanì.  Non sapeva perchè… ma quell’uomo le infondeva sicurezza. Era curiosa, desiderava conoscerlo meglio ma certo non avrebbe fatto lei la prima mossa.

Parlarono del più e del meno, in realtà Emma ritrovò la sua abilità con le parole. Lui l’ascoltava e la guardava teneramente.

Emma osservò che fuori era già buio, si alzò di scatto e disse: “Mi scusi ma devo proprio andare, altrimenti perderò il tram e sono già molto in ritardo”.

Si salutarono senza un’altro appuntamento.

Io invece vi aspetto al prossimo capitolo.

 

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