Sono stata una figlia innamorata dei suoi genitori. Pur vivendo la mia vita, loro sono sempre stati il mio riferimento, la mia certezza e anche la mia memoria storica. Con il trascorrere degli anni sentivo l’esigenza di doverli “proteggere”. Raccontavo loro quasi solo cose belle, illudendomi così di non turbare la loro serenità.
Cercavo di essere sempre presente, forse anche troppo. Prendevo al balzo ogni occasione per coinvolgerli così da non farli sentire mai soli. Spesso papà declinava i miei inviti per stare a casa tranquillo a godersi la partita in televisione, mentre mamma si dedicava alla sua amata lettura oppure all’altra sua grande passione: ago e filo. Era bravissima, disegnava i modelli e li realizzava con grande fantasia e competenza. Per anni quella era stata anche la sua professione. Con il senno di poi, penso che avrei dovuto imparare di più da lei.
Con loro ho respirato amore, si amavano profondamente senza troppe “smancerie”, il loro sentimento era serio e sincero ed era “invecchiato” bene, così lo definì mia mamma nel suo diario. In realtà non si trattava proprio di un diario, lei scriveva i suoi pensieri, le considerazioni del momento, fatti di cronaca che l’avevano particolarmente colpita, eventi, qualche ricetta colta al volo e incompleta che non avrebbe mai cucinato. Il cuoco era papà. Loro mi hanno amato senza pretendere di cambiarmi, mi hanno consigliato e hanno compreso le mie scelte, pur a volte non condividendole. Se sono diventata una donna equilibrata, passionale e positiva, lo devo soprattutto a loro.
Ma non ero preparata a perderli. Improvvisamente nel giro di soli cinque mesi mi hanno lasciata entrambi. Sto faticando ancora oggi, a distanza di tempo, ad accettare questo evento. Eppure è nell’ordine delle cose che prima o poi i nostri genitori ci lascino orfani. Ma noi figli continuiamo a crederli eterni.
Un giorno, costretta a casa a causa di alcuni lavori di ristrutturazione nel mio appartamento, pativo la mancanza dei miei cari. Un nodo mi attanagliava la gola, spesso mi capitava e allora uscivo in sella alla mia bici e questo mi faceva sentire meglio e scacciava i cattivi pensieri. Ma quel pomeriggio, con gli operai in casa, ero bloccata e avvertivo un crescente senso di ansia che ben conoscevo.
Dovevo assolutamente trovare un modo per distrarmi, così mi sono seduta al computer, ho aperto una nuova pagina e, senza che lo avessi premeditato, le mie dita hanno cominciato a muoversi agilmente sulla tastiera. Lettere, parole, frasi prendevano vita, nella mia testa tutto era già chiaro. Inconsapevolmente avevo iniziato a scrivere il mio primo romanzo.
Da allora non ho più smesso di scrivere. Spero di non avervi rattristato, ma non preoccupatevi, i fazzoletti non vi serviranno più.